L'Attaccamento disorganizzato

L'Attaccamento disorganizzato è il tipo più estremo di un stile di attaccamento insicuro. Main e Solomon (1986, 1990) hanno usato il termine attaccamento disorganizzato/disorientato (D) per descrivere i modelli di comportamento dei bambini durante la Strange Situation che sembravano strani e privo di una strategia organizzata relativa alla figura di attaccamento.

Verso la fine del primo anno di vita le vicende dell’interazione tra il bambino e il caregiver primario consolidano, nella memoria implicita e procedurale, i modelli operativi interni (MOI) delle aspettative e delle risposte alla  relazione. Successivamente, questi ricordi impliciti delle interazioni di attaccamento che sono stati generalizzati, attraverso il linguaggio costruiranno ricordi che costituiranno la memoria semantica e potranno essere espressi verbalmente e costruire una narrazione della propria esperienza.

L’assenza di coerenza, nel comportamento di un bambino con attaccamento disorganizzato, è osservabile negli episodi di distacco-riunione con il caregiver. I bambini disorganizzati, come i bambini sicuri, protestano al distacco dal genitore ma, alla riunione, invece di corrergli incontro e cercare di farsi consolare, presentano una serie di comportamenti contraddittori, come fingere di non accorgersi della sua presenza, avvicinarsi con la testa girata dall’altra parte, andare verso la madre e poi immobilizzarsi e fissare il vuoto o buttarsi a terra (freezing), accoglierla con un’espressione terrorizzata, ecc.; come se non potessero organizzare il loro comportamento nel senso dell’avvicinamento né in quello dell’evitamento e dovessero mescolare le due tendenze in un’azione inevitabilmente caotica, goffa, incoerente. E' come se qualcosa interrompa la loro intenzionalità e le azioni intraprese non vengono portate a termine; la strategia e la coerenza del comportamento sembrano collassare.
Molti di questi atteggiamenti appaiono simili ai comportamenti definiti “conflittuali” dagli etologi, vale a dire comportamenti che derivano dall’attivazione simultanea di sistemi incompatibili (Main e Hesse, 1992).
La ricerca, sulle risposte dell’organismo allo stress, sembra confermare questa visione dell’attaccamento disorganizzato come strategia inefficace di coping. Negli animali, la secrezione di cortisolo è correlata con l’incapacità dell’animale di confrontarsi efficacemente con l’agente di stress.
I bambini con classificazione d’attaccamento disorganizzato evidenziano, in risposta a brevi separazioni, livelli di cortisolo significativamente più elevati di quelli dei bambini sicuri. Questo dimostra che i bambini disorganizzati rispondono con segnali di disagio alla separazione ma, non disponendo di  strategie di attaccamento organizzate, non riescono a recuperare una regolazione fisiologica e comportamentale (Lyons-Ruth, Bronfman, Atwood, 1999).
Studi recenti hanno dimostrano che è improbabile che i bambini siano classificati come disorganizzati con più di una figura d’attaccamento, suggerendo quindi che l’attaccamento disorganizzato emerge all’interno di un certo tipo di relazione, e non deriverebbe da tratti individuali o caratteristiche innate del bambino  (Lyons-Ruth e Jiacobvitz, 1999).

L'Attaccamento disorganizzato è stata associato con l'esperienza, da parte del bambino, di una separazione prolungata o ripetuta dal caregiver, ma è stato anche ipotizzato che l'attaccamento disorganizzato sia un disturbo di natura costituzionale o addirittura genetica (Marian J. Bakermans-Kranenburg and Marinus H. van IJzendoorn, 2007).
Nelle popolazioni ad alto rischio l'attaccamento disorganizzato  è presente fino  all'80% dei bambini maltrattati. L'attaccamento disorganizzato si trova anche con alta frequenza nei bambini le cui madri sono alcolizzate o depresse, o appartengono a famiglie con elevata conflittualità di coppia (Van IJzendoorn, Schuengel, e Bakermans-Kranenburg, 1999 ).

Attaccamenti disorganizzati sono stati trovati anche in bambini di genitori che lottano con una perdita o  un altro trauma irrisolto. Main e Hesse (1990) hanno suggerito che i bambini sviluppano un attaccamento disorganizzato all'interno di relazioni in cui sperimentano la madre come spaventante o spaventata, e che l'essenza dell'attaccamento disorganizzato è una paura senza soluzione, in quanto l’oggetto che provoca paura coincide con quella che dovrebbe essere la fonte di protezione.
Il conflitto tra l’impulso di allontanarsi dalla fonte della paura e quello di avvicinarsi per essere rassicurato non consente lo sviluppo di un comportamento coerente e unitario.
Quando la sola base possibile da cui partire per esplorare il mondo (il genitore) è allo tempo stesso la fonte di paura, il bambino si trova in una situazione paradossale irrisolvibile, con l'attaccamento disorganizzato come risultato.
I bambini disorganizzati non riescono a costruire significati unitari su sé e sul mondo:“nel lavoro terapeutico non è raro trovare che una persona (bambino, adolescente o adulto) ha coscientemente un’immagine del tutto positiva di un genitore, mentre a un livello meno conscio nutre un’immagine contrastante, da cui risulta che il genitore lo trascura o lo rifiuta o lo maltratta. In queste persone, le due immagini vengono mantenute separate, prive di comunicazione reciproca, e viene esclusa ogni informazione che potrebbe disturbare l’immagine consolidata”. (Bowlby, 1980)
Le rappresentazioni di sé e dell’altro sono multiple, drammatiche e non organizzate: “spesso dolci e affettuosi un momento e selvaggiamente ostili il momento successivo, con il cambiamento che si verificava improvvisamente e senza motivo."  (Bowlby, 1988)

Questi bambini di fronte ad eventi traumatici, nell'adolescenza e da adulti, possono manifestare reazioni dissociative, difficoltà a crearsi una teoria della mente (manifestando un deficit delle funzioni metacognitive, cioè della capacità di attribuire agli altri intenzioni, pensieri, emozioni, desideri in modo da attribuire un significato al loro comportamento) e a regolare le loro emozioni,  a sperimentare un forte senso di indegnità personale e una forte ostilità verso gli altri.
Tendono, inoltre, ad assumere strategie di controllo confusive nei confronti del partner, nelle relazioni di attaccamento, attraverso atteggiamenti accudenti (fornendo cura quando la vogliono ricevere), punitivi (controllando coercitivamente quando cercano cura) o sessualizzati (confondendo il bisogno di cura con i bisogni sessuali).

Il monitoraggio metacognitivo e la capacità di riflettere sugli stati mentali, propri ed altrui, sono competenze essenziali per il riconoscimento, la regolazione e la modulazione dell’esperienza emotiva, negli scambi interpersonali e nell'elaborazione intrapersonale .
Nella disorganizzazione del sistema dell'attaccamento le rappresentazioni di sé e degli altri sono rigidamente ricondotte a tre ruoli, le polarità del triangolo drammatico di Karpman: vittima, persecutore e salvatore. Le loro relazioni tendono ad assumere una configurazione sado-masochistica, in cui interpretano alternativamente i tre ruoli.
Da adulti possono sviluppare disturbi di personalità o disturbi dissociativi e i sintomi possono manifestarsi  nell’area dell'attenzione (stati di assorbimento, trance), della memoria (amnesie lacunari o psicogene), della percezione della realtà esterna (derealizzazione), dello schema corporeo (depersonalizzazione) e del senso di identità (fuga psicogena, personalità multipla).

Poichè la disorganizzazione dell’attaccamento è il risultato di una mancanza di sintonizzazione del caregiver primario agli stati del bambino, la riorganizzazione riparatrice può aver luogo nel contesto di una relazione di aiuto coerente, prevedibile e affettivamente nutriente che renda possibile rafforzare le capacità metacognitive e le competenze necessarie alla regolazione delle emozioni.
Lo sviluppo di queste competenze può ridurre l'impulsività, le oscillazioni fra idealizzazione e svalutazione di sé e degli altri, il senso di vuoto,la collera immotivata ed intensa, i comportamenti autolesivi, le reazioni affettive instabili ed intense e gli altri modelli di risposta caratteristici del DBP (Disturbo Borderline di Personalità) che viene riconosciuto come uno degli esiti patologici della disorganizzazione dell'attaccamento.

Se l'attivazione del sistema dell'attaccamento produce esperienze dolorose e/o spaventose è probabile che come soluzione difensiva, alla percezione della vulnerabilità personale, venga tentata la sua inibizione attraverso il distacco emotivo o attraverso l’attivazione di altre configurazioni relazionali, diverse da quelle attivate dall’attaccamento, ricorrendo, ad esempio, a modalità seduttivo-sessuali o a quelle competitive; l'esito potrà essere quello di esperienze di distacco emozionale indesiderato (come il senso di vuoto riferito dai pazienti borderline) o ricercato ( come nei comportamenti di abuso di cibo, di droghe, di alcool, ecc.), di comportamenti sessuali promiscui e rischiosi,  di immotivate esplosioni  di rabbia competitiva.

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